mercoledì 21 agosto 2013

Il pendolo di Tafazzi

Misantropia e esterofilia sono due brutte bestie estive, contro cui non so trovare rimedio.
La vicina caciarona è tornata da dieci minuti e già tutto il condominio è alla finestra per salutarla. Come ogni anno, il momento del ritorno dei primi unni dalle vacanze stimola la mia peggiore misantropia. La migliore settimana dell'anno è già alle spalle.
Girare in auto per Milano, cosa che non faccio proprio mai, solo per lo sfizio di andare in centro e non trovare neanche un'automobile, non ha prezzo. Mentre per pagare un toast e una bibita al bar il prezzo è salatissimo, ma questo è un altro discorso.
Le settimane centrali di agosto sono il periodo della mia riconciliazione con la città. In questi giorni di cielo azzurro e di musei aperti le perdono anche il parchimetro non funzionante. Qualche settimana fa ad Amsterdam abbiamo pagato la nostra sosta con la carta di credito e ci è stato chiesto solo di inserire il numero di targa. Cosa che, ricordo, era avvenuta anche sette o otto anni fa, tanto per dire che da quelle parti non è una novità.
Quando ho visto che  l'orribile grattino milanese (che già dal nome "gratta e sosta" lascia intuira di quale cultura sia il prodotto e che bisognava cercare con il lanternino al bar rivendita, figuriamoci in agosto che sono tutti chiusi), è stato finalmente sostituito dal parchimetro, come nelle normali città d'Europa (ma anche d'Italia), mi son detta vai, che facciamo passi avanti. Poi la carta di credito non l'ha letta, ma pazienza... per fortuna avevo spiccioli.
Il vizio di fare il paragone tra la nostra città e quelle visitate durante le vacanze è duro a morire.
Nel nostro minitour europeo abbiamo toccato anche il sacro suolo britannico, dato che Mafalda voleva andare a tutti i costi a Londra. E lì, si sa, la gestione del trasporto e della viabilità è tremendamente efficiente.
Non cosa ne pensino i londinesi, ma io provo autentica venerazione per TfL. Transport for London, già in quel for ci stanno un sacco di cose.
L'italiano in vacanza a Londra, che si vede segnalare con la massima precisione, a ogni ora del giorno, a ogni stazione, che non mancano mai più di quattro minuti al suo prossimo treno (ma i minuti di attesa nelle ore centrali sono al massimo due), si chiede come loro riescano a gestire un traffico enne volte superiore al nostro. E si chiede anche perché, come per molte altre cose, i nostri amministratori non si limitino a copiare quello che fanno gli altri.
E infatti, però bisogna dirlo, hanno introdotto anche qui la carta ricaricabile dei trasporti. Ora, emulare la Oyster Card è impresa improbabile, basti pensare che la TfL sta facendo consultazioni pubbliche per eliminare i pagamenti cash dall'anno prossimo, dato che solo l'1% dei viaggi lo scorso anno è stato pagato in contanti, contro il 20% di dieci anni fa, quando è stata introdotta. Questo permetterebbe anche di abbassare i costi del biglietto. Quando alla fine della vacanzina, l'impiegata della stazione di Liverpool Street con una velocissima transazione mi ha restituito 11 sterline sulla carta di credito, perché la Oyster è refundable, ho provato gratitudine. Ho provato a farmi rifondere anche una vecchia carta di qualche anno fa, che avevo conservato con devozione. Ma quella non era refundable; in compenso non scade e quindi la potrò riutilizzare la prossima volta. A proposito, perché l'avranno chiamata ostrica? Le risposte in rete sono tante, la migliore mi pare questa.
Sarò provinciale, che volete che vi dica, ma a me i servizi pubblici che funzionano mi commuovono. E l'Inghilterra, lo si vede in ogni cosa, è la culla della cultura del servizio pubblico. Impiegati competenti, solleciti e gentili, investimenti a valanga.
Però nel nostro piccolo ci si è messi di buzzo buono. E così anche noi abbiamo la nostra RicaricaMi, una oysterina nostrana, meno flessibile ma comunque apprezzabile. Lo so, verrà anche il momento di riflettere sulle implicazioni di una società senza contanti, sul controllo che da ciò le banche avranno agio a esercitare. Per ora, da pecora del gregge del capitalismo, mi limito a godermi la comodità.
Certo, fare paragoni tra noi lillipuziani e i giganti d'Europa è fuoriluogo, anche se, come dicevo, è un vizio duro da estirpare. Ormai dovremmo essere abituati a considerare l'Italia alla stregua di un paesello di periferia. In realtà il nostro continuo oscillare tra la sterile autocritica del "siamo le cacche d'Europa" e gli stucchevoli peana del tipo "il nostro genio e la nostra creatività sono uniche la mondo", tra autoincensamento e tafazzismo ostinato, ci hanno reso un po' schizofrenici. Non sappiamo bene cosa pensare definivamente di noi stessi. O forse la speranza di risorgere non è ancora morta, per fortuna.
Funziona ancora l'eterno "ma come si mangia da noi...", anche se molto meno di prima. E così, tanto per dirne una, adesso che mi sono abituata il caffé tedesco non mi pare poi tanto malvagio.

Nessun commento:

Posta un commento